Sabtu, 19 Januari 2013

VERSO UNA PIENEZZA CRISTIANA


ANSENSIUS GUNTUR



Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza e fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo – Scalabriniani, diceva, “siamo tutti migranti, la nostra patria non è qui sulla terra ma nel cielo”. In questa frase contiene una dimensione del cammino della nostra fede Cristiana. Quale è l’obiettivo principale di questo cammino? E’ facile questo cammino o ci sono alcune sfide da affrontare?

L’identificazione con Cristo

Come cristiano, a quale meta si è indirizzato? Quale potrebbe il suo fine ultimo come Cristiano? Quale fine che può motivare ad andare avanti? Nella lettera ai Filippesi, San Paolo invita i cristiani ad avere “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,6-11). Questo versetto potrebbe essere un obiettivo generale della vita cristiana, dove ogni cristiano nel proprio contesto cerca con fedeltà e costanza di arrivarci. In altre parole, possiamo dire che siamo tutti chiamati a identificarci con Cristo per poter ottenere la gloria della vita eterna. Amadeo Cencini spiega con una bellezza particolare sul senso di questa identificazione.[1] Nell’identificazione, l’attenzione è concentrata in Cristo che sembra spostarsi decisamente dall’esterno all’interno, dai comportamenti al cuore con cui sono messi in atto, dai gesti ai sentimenti che li accompagnano. E’ uno spostamento estremamente significativo poiché rimanda a una diversa concezione della formazione, il cui oggetto non e’ solo la condotta esteriore, ma il complesso mondo interiore: sentimenti, sensazioni, emozioni, motivazioni, passioni, impulsi, istinti, affetti, modi di vibrare dentro o di porsi dinanzi alla vita.
Un gesuita, Paola de Jaegher, parlando dell’identificazione a Cristo, ci invita a darsi al Cristo con una donazione completa, per diventare unicamente strumento nelle sue mani, cedergli ogni luogo in noi, perdere quasi in lui la nostra personalità. Non vivere più se non per conto del Cristo e a suo nome, vedere ogni cosa dal punto di vista di Gesù; abbandonarsi insomma a lui per lasciarlo vivere e crescere in noi liberamente e senza impedimento, fino a che siamo consumati nell’unita’: ecco un ideale e una spiritualità grandiosa, che vorremmo vedere più diffusi; l’ideale e la spiritualità del grande Apostolo.[2]
Da quando ha incominciato a vivere per conto di Gesù, si sono aperti dinanzi alla persona degli orizzonti nuovi e immensi. Egli vede tutte le cose sotto il punto di vista di Gesù e come Lui: i suoi piccoli interessi, ristretti ed egoisti, si sono cambiati in quelli di Gesù. Unito a Gesù non ha più soltanto un cuore; ma sente nel suo petto milioni di cuori, che vorrebbe veder tutti palpitare in amore divino.
Nel nostro modo di comunicare anche deve mirare la nostra identificazione con Cristo. Le parole e gli atteggiamenti di Gesù sono attuali e costituiscono un modello per noi e dobbiamo ricordarci di non vada mai subordinata l’attenzione per la persona e la sua realtà qualunque essa sia.[3] Come bello sarebbe se tutti noi nella nostra piccola vita proclamiamo, “non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”.

La realtà umana nel cammino di fede

Fin qui abbiamo parlato dell’identificazione con Cristo come l’obbiettivo principale della vita cristiana. Nel suo agire la persona deve essere guidata da questa meta. Tuttavia, uomo si trova anche nella sua fragilità umana. Tante volte ci troviamo in questa condizione: “Io vorrei essere ed invece sono…”. E’ vero che ogni uomo ha il suo ideale ma è vero pure che nella situazione attuale ci sono tanti elementi che possono essere degli ostacoli per poter raggiungere il suo fine. La sua esperienza spirituale cristiana si situa nello spazio intermedio tra quello dato rivelato (polo oggettivo) e quell’esistenza concreta della persona (polo soggettivo). La verità dell’esperienza cristiana si misura nella sua disponibilità e capacità d’internalizzare i valori ideali cristiani.
L’esistenza umana si sviluppa su due piani o ha due aree di tensione, piano religioso e piano psicologico. Piano religioso riguarda il rapporto della persona con il suo Dio. In questo piano, la persona è chiamata a prendere posizione verso di Lui. Questo può dare vita alla persona ma anche può causare ansia nella persona soprattutto quando non c’e’ una consistenza tra i valori ideali professati e la vita attuale della persona. Piano psicologico riguarda la realtà umana. Ci sono scontri psicologici, dove uno si trova nella situazione in cui ciò che vuole essere non corrisponde con ciò che e’ in un dato momento, ciò che vuole lui e ciò che pretende gli altri, ciò che vuole lui e le aspettative delle istituzioni, ecc. Una persona ha bisogno di spiritualizzare dove tutti questi due piani sono collegati. Tutti due piani devono essere considerati. Nel piano psicologico c’e’, ultimamente, Dio che chiama ad una relazione nuova che tocca il cuore proprio là dove e’ diviso e sfugge a se stesso. Nel piano religioso, la domanda su Dio e fare la sua volontà riconduce l’attenzione a meccanismi psicologici da correggere, convertire o far sfruttare.
Padre F. Imoda rende evidente l’esistenza di “tre dimensioni” che servono a concepire la combinazione delle varie forze motivazionale della persona umana.Top of Form La prima dimensione è prevalentemente conscia ed esprime la disposizione motivazionale alla trascendenza di sé, soprattutto verso gli ideali teocentrici. L’area in cui si esercita maggiormente la libertà, per un impegno verso il bene, una risposta aperta e generosa. La seconda dimensione esprime la disposizione circa la trascendenza di sé verso gli ideali che non sono solo teocentrico, ma anche naturale o socio-filantropici. In questa dimensione si nota la presenza di un’area di motivazione subconscia per lo più conflittuale. La terza dimensione esprime una possibile vulnerabilità connessi alla presenza di psicopatologia. Si centra sulla salvaguardia o protezione di un’integrità dell’io seriamente minacciata[4].

La necessità di una formazione

Occorre necessario avere la formazione per poter raggiungere il nostro scopo principale nella vita. Che cosa intendiamo con il termine “formazione”? Quale formazione dovremmo insistere affinché noi possiamo arrivare alla pienezza della vita cristiana? I. Seghedoni ci da una bella definizione della formazione. "La formazione è il processo grazie al quale il soggetto sviluppa la propria coscienza rendendola progressivamente più idonea ad appropriarsi dei significati e a rispondere alla realtà"[5].
Nella formazione la persona promuove l’assunzione di una forma che significa agire con la consapevolezza che la coscienza e’ plasmabile e ha bisogno di formazione. Questo non significa trasmettere delle informazioni, ma fare esperienza del significato attraverso il livello empirico, poi intellettivo, poi razionale, poi responsabile.
Per qualsiasi formazione, è importante conoscere se stesso. All’inizio della sua enciclica Fides et Ratio (14 Settembre 1998), Giovanni Paolo II precisava: «Il monito Conosci te stesso era scolpito sull'architrave del tempio di Delfi, a testimonianza di una verità basilare che deve essere assunta come regola minima da ogni uomo desideroso di distinguersi, in mezzo a tutto il creato, qualificandosi come ‘uomo’ appunto in quanto ‘conoscitore di se stesso»[6]. Questo monito, valido per gli esseri umani di tutte le epoche storiche e appartenenti a qualsiasi razza ed etnia, cultura e religione, risuona quanto mai opportuno e significativo nel contesto delle nostre riflessioni.
Chi ha percorso il cammino della conoscenza più approfondita di sé inevitabilmente migliora anche la qualità della relazione con l’altro (dall’alterità’ intrapsichica all’alterità interpersonale), ovvero si rende più disponibile all’ascolto, percepisce meglio la differenza, più capace di contemplare la verità, desideroso di dare compimento al proprio cammino di cresciuta. Senza una vera e sentita conoscenza di sé da sviluppare in faccia alle esigenze ideali e quindi ai criteri oggettivi della propria crescita di vita, sarebbe pressoché impossibile comprendere cosa ci sia realmente da purificare e da far maturare.
Per poter arrivare all’integrazione dei valori ideali cristiani, A. Manenti ha proposto un metodo esistenziale che indica quattro compiti dell’educatore. Primo, ambito dello spiegare. Un educatore deve conoscere la situazione esistenziale di chi chiede un aiuto. Lui deve raccogliere le informazioni di che cosa fa, come vive, che cosa pensa, quali sono i suoi desideri, ecc. Secondo, l’ambito del comprendere. L’educatore deve cogliere il progetto di vita che sta sotto a quella situazione. Qui si tratta di cogliere il progetto di come la persona vuole essere, al di là di ciò che appare. L’educatore deve conoscere le aspirazioni, le mete, le motivazioni ad agire di una persona. I vari atti umani sono espressioni parziali di un progetto globale di vita. Conoscere le sue motivazioni potrebbe essere un punto importante per poter guidare una persona. Terzo, l’ambito dell’interpretare. L’educatore aiuta a confrontare il progetto attuale di vita con i valori cristiani oggettivi, relativi a quel progetto. Qui un educatore aiuta la persona a capire se il suo progetto di vita che ha elaborato corrisponde al progetto di vita cristiana proposto da Cristo. Cerca di aiutare pure se i suoi ideali e desideri corrispondono all’ideale come dovrebbe essere. Con questo confronto, uno conosce se il suo stile di vita cristiana è genuino oppure no. Quarto, l’ambito dell’integrare. L’educatore cerca di aiutare la persona a conformare progressivamente il proprio progetto con quello proposto dal vangelo.

Nota conclusiva

Come cristiani, essere identificati con cristo è l’obiettivo del nostro cammino di fede. Lui è il nostro salvatore e solo attraverso di Lui possiamo ottenere la salvezza. Il nostro quotidiano deve essere quello di vestirsi con suo stile di vita. Lui è il punto d’arrivo ma anche quello che motiva della nostra vita quotidiana. Questo cammino verso di Lui, come pienezza della vita cristiana, non è facile. La realtà umana è fragile. Un uomo può essere attirato dai diversi bisogni umani e allontanandosi dai valori ideali cristiani. Per questo, c’e’ una necessità di formazione affinché la sua vita si indirizzi alla meta cristiana della configurazione con Cristo Gesù’. Questo è un cammino verso una pienezza cristiana.



[1] A. Cencini, Formazione Permanente: Ci Crediamo Davvero?, p. 24-25
[2] Paolo De Jaegher, sj,. La Vita d’Identificazione con Gesù’ Cristo pp. 9-15
[3] Alberto Castellani, Comunicare da Cristiano, Tre Dimensione 6 (2009) 83-88
[4] Franco Imoda, Human Development: Psychology and Mystery, p. 280-283
[5] Ivo Seghedoni, Dare buoni consigli non basta: formare la coscienza, in Tredimensioni, 2 (2007), 144-153
[6] Fides et Ratio 1

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