Giovanni Battista
Scalabrini, vescovo di Piacenza e fondatore della Congregazione dei Missionari
di San Carlo – Scalabriniani, diceva, “siamo tutti migranti, la nostra patria
non è qui sulla terra ma nel cielo”. In questa frase contiene una dimensione
del cammino della nostra fede Cristiana. Quale è l’obiettivo principale di
questo cammino? E’ facile questo cammino o ci sono alcune sfide da affrontare?
L’identificazione con Cristo
Come cristiano, a
quale meta si è indirizzato? Quale potrebbe il suo fine ultimo come Cristiano?
Quale fine che può motivare ad andare avanti? Nella lettera ai Filippesi, San
Paolo invita i cristiani ad avere “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”
(Fil 2,6-11). Questo versetto potrebbe essere un obiettivo generale della vita cristiana,
dove ogni cristiano nel proprio contesto cerca con fedeltà e costanza di
arrivarci. In altre parole, possiamo dire che siamo tutti chiamati a
identificarci con Cristo per poter ottenere la gloria della vita eterna. Amadeo
Cencini spiega con una bellezza particolare sul senso di questa
identificazione.[1]
Nell’identificazione, l’attenzione è concentrata in Cristo che sembra spostarsi
decisamente dall’esterno all’interno, dai comportamenti al cuore con cui sono
messi in atto, dai gesti ai sentimenti che li accompagnano. E’ uno spostamento
estremamente significativo poiché rimanda a una diversa concezione della
formazione, il cui oggetto non e’ solo la condotta esteriore, ma il complesso
mondo interiore: sentimenti, sensazioni, emozioni, motivazioni, passioni,
impulsi, istinti, affetti, modi di vibrare dentro o di porsi dinanzi alla vita.
Un gesuita, Paola
de Jaegher, parlando dell’identificazione a Cristo, ci invita a darsi al Cristo
con una donazione completa, per diventare unicamente strumento nelle sue mani,
cedergli ogni luogo in noi, perdere quasi in lui la nostra personalità. Non
vivere più se non per conto del Cristo e a suo nome, vedere ogni cosa dal punto
di vista di Gesù; abbandonarsi insomma a lui per lasciarlo vivere e crescere in
noi liberamente e senza impedimento, fino a che siamo consumati nell’unita’:
ecco un ideale e una spiritualità grandiosa, che vorremmo vedere più diffusi;
l’ideale e la spiritualità del grande Apostolo.[2]
Da quando ha
incominciato a vivere per conto di Gesù, si sono aperti dinanzi alla persona
degli orizzonti nuovi e immensi. Egli vede tutte le cose sotto il punto di
vista di Gesù e come Lui: i suoi piccoli interessi, ristretti ed egoisti, si sono
cambiati in quelli di Gesù. Unito a Gesù non ha più soltanto un cuore; ma sente
nel suo petto milioni di cuori, che vorrebbe veder tutti palpitare in amore
divino.
Nel nostro modo
di comunicare anche deve mirare la nostra identificazione con Cristo. Le parole
e gli atteggiamenti di Gesù sono attuali e costituiscono un modello per noi e
dobbiamo ricordarci di non vada mai subordinata l’attenzione per la persona e
la sua realtà qualunque essa sia.[3]
Come bello sarebbe se tutti noi nella nostra piccola vita proclamiamo, “non
sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”.
La realtà umana nel cammino di
fede
Fin qui abbiamo
parlato dell’identificazione con Cristo come l’obbiettivo principale della vita
cristiana. Nel suo agire la persona deve essere guidata da questa meta.
Tuttavia, uomo si trova anche nella sua fragilità umana. Tante volte ci
troviamo in questa condizione: “Io vorrei essere ed invece sono…”. E’ vero che
ogni uomo ha il suo ideale ma è vero pure che nella situazione attuale ci sono
tanti elementi che possono essere degli ostacoli per poter raggiungere il suo
fine. La sua esperienza spirituale cristiana si situa nello spazio intermedio
tra quello dato rivelato (polo oggettivo) e quell’esistenza concreta della
persona (polo soggettivo). La verità dell’esperienza cristiana si misura nella
sua disponibilità e capacità d’internalizzare i valori ideali cristiani.
L’esistenza umana
si sviluppa su due piani o ha due aree di tensione, piano religioso e piano
psicologico. Piano religioso riguarda il rapporto della persona con il suo Dio.
In questo piano, la persona è chiamata a prendere posizione verso di Lui.
Questo può dare vita alla persona ma anche può causare ansia nella persona
soprattutto quando non c’e’ una consistenza tra i valori ideali professati e la
vita attuale della persona. Piano psicologico riguarda la realtà umana. Ci sono
scontri psicologici, dove uno si trova nella situazione in cui ciò che vuole
essere non corrisponde con ciò che e’ in un dato momento, ciò che vuole lui e ciò
che pretende gli altri, ciò che vuole lui e le aspettative delle istituzioni,
ecc. Una persona ha bisogno di spiritualizzare dove tutti questi due piani sono
collegati. Tutti due piani devono essere considerati. Nel piano psicologico
c’e’, ultimamente, Dio che chiama ad una relazione nuova che tocca il cuore
proprio là dove e’ diviso e sfugge a se stesso. Nel piano religioso, la domanda
su Dio e fare la sua volontà riconduce l’attenzione a meccanismi psicologici da
correggere, convertire o far sfruttare.
Padre F. Imoda
rende evidente l’esistenza di “tre dimensioni” che servono a concepire la
combinazione delle varie forze motivazionale della persona umana.[4]. La prima dimensione è
prevalentemente conscia ed esprime la disposizione motivazionale alla
trascendenza di sé, soprattutto verso gli ideali teocentrici. L’area in cui si
esercita maggiormente la libertà, per un impegno verso il bene, una risposta
aperta e generosa. La seconda dimensione esprime la disposizione circa la
trascendenza di sé verso gli ideali che non sono solo teocentrico, ma anche
naturale o socio-filantropici. In questa dimensione si nota la presenza di
un’area di motivazione subconscia per lo più conflittuale. La terza dimensione
esprime una possibile vulnerabilità connessi alla presenza di psicopatologia.
Si centra sulla salvaguardia o protezione di un’integrità dell’io seriamente
minacciata
La necessità di una formazione
Occorre
necessario avere la formazione per poter raggiungere il nostro scopo principale
nella vita. Che cosa intendiamo con il termine “formazione”? Quale formazione
dovremmo insistere affinché noi possiamo arrivare alla pienezza della vita
cristiana? I. Seghedoni ci da una bella definizione della formazione. "La formazione è il
processo grazie al quale il soggetto sviluppa la propria coscienza rendendola
progressivamente più idonea ad appropriarsi dei significati e a rispondere alla
realtà"[5].
Nella formazione
la persona promuove l’assunzione di una forma che significa agire con la consapevolezza
che la coscienza e’ plasmabile e ha bisogno di formazione. Questo non significa
trasmettere delle informazioni, ma fare esperienza del significato attraverso
il livello empirico, poi intellettivo, poi razionale, poi responsabile.
Per qualsiasi formazione, è importante conoscere se
stesso. All’inizio della sua enciclica Fides
et Ratio (14 Settembre 1998), Giovanni Paolo II precisava: «Il monito Conosci te stesso era scolpito
sull'architrave del tempio di Delfi, a testimonianza di una verità basilare che
deve essere assunta come regola minima da ogni uomo desideroso di distinguersi,
in mezzo a tutto il creato, qualificandosi come ‘uomo’ appunto in quanto
‘conoscitore di se stesso»[6]. Questo monito, valido per gli esseri
umani di tutte le epoche storiche e appartenenti a qualsiasi razza ed etnia,
cultura e religione, risuona quanto mai opportuno e significativo nel contesto
delle nostre riflessioni.
Chi ha percorso
il cammino della conoscenza più approfondita di sé inevitabilmente migliora
anche la qualità della relazione con l’altro (dall’alterità’ intrapsichica
all’alterità interpersonale), ovvero si rende più disponibile all’ascolto,
percepisce meglio la differenza, più capace di contemplare la verità,
desideroso di dare compimento al proprio cammino di cresciuta. Senza una vera e
sentita conoscenza di sé da sviluppare in faccia alle esigenze ideali e quindi
ai criteri oggettivi della propria crescita di vita, sarebbe pressoché
impossibile comprendere cosa ci sia realmente da purificare e da far maturare.
Per poter
arrivare all’integrazione dei valori ideali cristiani, A. Manenti ha proposto
un metodo esistenziale che indica quattro compiti dell’educatore. Primo, ambito
dello spiegare. Un educatore deve conoscere la situazione esistenziale di chi
chiede un aiuto. Lui deve raccogliere le informazioni di che cosa fa, come
vive, che cosa pensa, quali sono i suoi desideri, ecc. Secondo, l’ambito del
comprendere. L’educatore deve cogliere il progetto di vita che sta sotto a
quella situazione. Qui si tratta di cogliere il progetto di come la persona
vuole essere, al di là di ciò che appare. L’educatore deve conoscere le
aspirazioni, le mete, le motivazioni ad agire di una persona. I vari atti umani
sono espressioni parziali di un progetto globale di vita. Conoscere le sue
motivazioni potrebbe essere un punto importante per poter guidare una persona.
Terzo, l’ambito dell’interpretare. L’educatore aiuta a confrontare il progetto
attuale di vita con i valori cristiani oggettivi, relativi a quel progetto. Qui
un educatore aiuta la persona a capire se il suo progetto di vita che ha
elaborato corrisponde al progetto di vita cristiana proposto da Cristo. Cerca
di aiutare pure se i suoi ideali e desideri corrispondono all’ideale come
dovrebbe essere. Con questo confronto, uno conosce se il suo stile di vita
cristiana è genuino oppure no. Quarto, l’ambito dell’integrare. L’educatore
cerca di aiutare la persona a conformare progressivamente il proprio progetto
con quello proposto dal vangelo.
Nota conclusiva
Come cristiani,
essere identificati con cristo è l’obiettivo del nostro cammino di fede. Lui è
il nostro salvatore e solo attraverso di Lui possiamo ottenere la salvezza. Il
nostro quotidiano deve essere quello di vestirsi con suo stile di vita. Lui è
il punto d’arrivo ma anche quello che motiva della nostra vita quotidiana.
Questo cammino verso di Lui, come pienezza della vita cristiana, non è facile.
La realtà umana è fragile. Un uomo può essere attirato dai diversi bisogni
umani e allontanandosi dai valori ideali cristiani. Per questo, c’e’ una necessità
di formazione affinché la sua vita si indirizzi alla meta cristiana della
configurazione con Cristo Gesù’. Questo è un cammino verso una pienezza
cristiana.
[1] A. Cencini, Formazione
Permanente: Ci Crediamo Davvero?, p. 24-25
[2] Paolo De Jaegher, sj,.
La Vita d’Identificazione con Gesù’ Cristo pp. 9-15
[5] Ivo Seghedoni, Dare buoni consigli non basta:
formare la coscienza, in Tredimensioni, 2 (2007), 144-153
[6] Fides et Ratio 1
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